OGNUNO DI NOI HA UNO O PIU’ LUOGHI CHE FANNO BATTERE IL PETTO. IL MIO NON L’HO MAI VISITATO MA MI SENTO PROFONDAMENTE LEGATO A QUEL POSTO
Nella vita di ogni Essere Umano vi sono dei luoghi che ognuno di noi si porta dentro il cuore. Per molti il petto batte per la Città d’origine, per altri chi fa sobbalzare l’anima è un luogo che ha visitato e ne sente ancora il profumo, per altri ancora, il luogo del cuore rappresenta un ricordo, dove di tanto in tanto si torna per ritrovare le emozioni.
Comunque sono luoghi speciali per ognuno di noi, intimi e profondi, che custodiamo gelosamente. Ho quasi la certezza che se noi ricordiamo e ci portiamo dentro i nostri luoghi del cuore, anche loro si portano dentro qualcosa di noi, e quando ci torniamo ci riconoscono, e lo fanno anche se solamente li pensiamo.
Il Monte Terminillo, la località Pian de Valli, è il mio primo luogo del cuore. Ho trascorso le più belle estati della mia giovinezza lassù, attorniato da miei coetanei che non ho mai più visto, me che riconosco uno a uno: di loro ho ben impressi i volti. Ogni volta che torno su quella montagna mi si apre il cuore e risento tutti i profumi che sentivo allora. Sembra quasi che la montagna mi aspetti, che anche lei mi desideri.


Un altro luogo del mio cuore è Pantelleria. Non sono capace a descrivervela, è talmente tanto il sentimento che provo per l’isola che solo a pensarla vado in estasi. Vi basti sapere che in questo momento, scrivendone, ho le lacrime agli occhi.


Se il Terminillo è il primo amore, Pantelleria è la consacrazione dell’amore.
Il mio luogo del cuore d’eccellenza, però è ancora un altro. La stranezza è che si tratta di un luogo che non ho mai visitato, che desidero farlo ma è difficile esaudire questa mia voglia. Il luogo del mio cuore è in Africa, si chiama Regno di EsWatini (Kingdom of EsWatini) e fino a due anni fa si chiamava Swaziland.
Questo luogo, incastonato come un diamante, tra Sudafrica e Mozambico, è il secondo stato più piccolo del Continente africano.


Del Regno di EsWatini conosco tutto. Conosco la storia, la cultura, tutte le squadre di calcio, ogni città, ogni villaggio e ogni strada. Un paio di anni fa ho avuto anche l’onore di scrivere per il giornale nazionale lo Swazi Observer.
Per saperne di più mi sono fatto ricevere dal console di quel Paese in Italia. Il consolato si trova a via del Corso a Roma. Quel giorno ho preso ogni depliants, ogni guida, ogni notizia che riguardava il Regno.
Ho nel cuore EsWatini (Swaziland=Terra degli Swazi, gruppo dell’etnia Ngoni), perché fin da piccolo ho sentito parlare di questo luogo, che mi veniva raccontato come si raccontavano le fiabe ai bambini.
In questo luogo così lontano, posto sotto l’equatore, nell’emisfero opposto al nostro, ha vissuto per quasi quarant’anni mio zio Alfonso Vitelli all’anagrafe, padre Giuseppe per la Chiesa, il Santo per me.
Pensate a un bambino che sente raccontare di incantatori di serpenti, di montagne antiche come il Mondo, di un Re e cento regine, di villaggi costruiti attorno agli ovili che si chiamano kraal, di streghe e stregoni. Immaginate lo stesso bambino che quando cresce, in riferimento a quel luogo, sente parlare di uomini e donne meravigliosi, che hanno vissuto in mezzo ai lebbrosi, che hanno combattuto le credenze e i pregiudizi degli Abatrakatsi, santoni che seguivano alla lettera il metodo di vita degli Emadloti, antenati che suggerivano come vivere, cosa fare, come curare i malati e che erano convinti che i diversamente abili erano piccoli mostri da eliminare.




Tra questi uomini meravigliosi, l’artenese padre Giuseppe prima e poi padre Angelo Ciccone da Napoli, sono stati, insieme a molti abitanti del luogo, i primi ad accorgersi che l’isolamento dei bambini e degli adulti disabili era atroce e gridava vendetta agli occhi del Signore.
All’interno di quella che è la Missione di San Giuseppe, una vasta parrocchia con dieci stazioni missionarie più piccole sparse nel bosco nel raggio di 100 miglia, la principale è Mzimpofu che significa Casa Povera: “Ma in questa casa povera c’è l’enorme ricchezza della presenza di Dio”, amava dire padre Ciccone.
A Mzimpofu questi personaggi meravigliosi hanno fondato l’Ekululemeni Centre, un centro di riabilitazione per disabili adulti e bambini con all’interno vari dipartimenti: la scuola per cucire, la maglieria, il telaio, la falegnameria, la scuola per il lavoro del ferro, dell’artigianato, dell’agricoltura, della calzoleria. Tra le tante strutture presenti a Mzimpofu, non possiamo dimenticarci del Resource Centre, un istituto per bambini ciechi dove si impara il braille; lo Zama Centre, una scuola per ragazzi con un ritardo mentale; la Infant School, un asilo per bambini abbandonati; la Primary School, la scuola elementare con un ciclo di sette anni; la High School, la scuola superiore con il ciclo di 5 anni; la Bourding house, un collegio per ragazzi e ragazze in gran parte disabili, e le Out Schools, una serie di istituti sparsi nel territorio di San Giuseppe. (http://artenaonline.it/2008/08/ekululanemi-stendo-le-mie-ossa-per-i-piu-sfortunati/)
Questo centro oggi è uno dei principali in tutto il Paese.
Padre Giuseppe non c’è più dal 1978 e padre Angelo è morto in un incidente stradale il 22 febbraio 2016. Era talmente importante per la Nazione questo prete straordinario, che il giornale più importante del Regno all’indomani della morte gli dedicò quasi tutta la prima pagina.
Come faccio a non avere nel cuore un luogo dove ha vissuto un Santo che era mio zio, di cui ho tutta la corrispondenza, i suoi diari e i suoi scritti? Come faccio a non avere nel cuore un luogo dove ha vissuto Father Angelo Ciccone che ogni mese mi inviava notizie dal centro e poi ha deciso che fossi io a scrivere la sua storia ? (Lo sto facendo di concerto alla sua prima collaboratrice, Nozizwe Ginindza, anche lei da annoverare tra gli Esseri Umani straordinari)
Eswatini è il mio luogo del cuore, quasi fosse una seconda Patria, pur non avendolo mai visitato, mi sento, però, estremamente legato a tutti i colori, a tutti i profumi, a tutte le sfumature di quella Terra.
Non la conosco, ma l’immagino e la sogno!